Il coaching moderno nasce negli Stati Uniti negli anni ’60, inizialmente in ambito sportivo. Allenatori e preparatori mentali cominciarono a sviluppare tecniche non solo per potenziare la prestazione fisica, ma anche per migliorare la concentrazione, la motivazione e la resilienza degli atleti. Da lì il modello si è diffuso al mondo del business e del management, dove il focus si è spostato sullo sviluppo della leadership, delle competenze decisionali e della capacità di gestire team complessi. Negli ultimi decenni il coaching si è esteso anche alla sfera personale, diventando uno strumento di crescita e realizzazione individuale. In Svizzera è arrivato più tardi, ma oggi è una pratica consolidata, soprattutto in ambito aziendale e nelle professioni legate allo sviluppo delle risorse umane.
Che cos’è il coaching
Il coaching è un processo di partnership in cui un professionista, il coach, affianca un cliente (il coachee) nel raggiungimento di obiettivi specifici, sia personali che professionali. Non si tratta di curare una sofferenza psicologica, ma di accompagnare la persona a riconoscere e valorizzare le proprie risorse interne, accrescere la consapevolezza di sé e trasformare le potenzialità in azioni concrete. Il coach non offre soluzioni preconfezionate: la sua funzione è piuttosto quella di facilitare un percorso di scoperta, stimolando la riflessione, il problem solving e la motivazione.
Un coach guida e sostiene il cliente lungo il percorso, aiutandolo a riconoscere i propri talenti e a utilizzarli in modo più efficace. Favorisce una maggiore consapevolezza delle risorse e dei limiti, accompagna nella definizione di obiettivi chiari e nella costruzione di piani d’azione concreti e contribuisce allo sviluppo di competenze utili anche in altri ambiti, come la capacità decisionale o la gestione dei problemi complessi.
Al tempo stesso, è importante chiarire che cosa il coaching non è. Non è una psicoterapia: non affronta sintomi clinici, disagi profondi o traumi, ambiti che richiedono un percorso terapeutico strutturato. Non è nemmeno consulenza, perché non fornisce indicazioni prescrittive o soluzioni pronte all’uso. Infine, non è istruzione: non si limita a trasmettere nozioni dall’alto, ma favorisce un processo di auto-scoperta e di apprendimento attivo.
Coaching e psicoterapia: confini e complessità
Se il coaching è orientato a performance e obiettivi concreti, la psicoterapia si rivolge invece a chi attraversa sofferenze emotive, disturbi psicologici o difficoltà relazionali radicate. Confondere i due piani può essere rischioso: chi vive stati ansiosi, depressivi o traumi irrisolti necessita di un percorso clinico e non di un allenamento alla performance.
Inoltre, puntare sempre all’aumento dell’efficienza e al superamento di nuovi traguardi non garantisce benessere. In alcune persone, “alzare l’asticella” può amplificare l’ansia generalizzata o consolidare un vissuto di inadeguatezza. Il coaching si fonda spesso su un approccio di empowerment: stimolare la persona a sentirsi più capace e potente. Tuttavia, il bisogno di potere può nascere anche da una paura profonda. Essere più performanti non equivale a essere più sereni: una persona potente può continuare a soffrire. Infatti, questo approccio rischia di ridurre il soggetto a un insieme di abilità da ottimizzare con l’obiettivo di diventare sempre più produttivi, trascurando la vulnerabilità come parte costitutiva della vita.
Questa è la complessità da riconoscere: il coaching è un ottimo strumento in determinati contesti, ma non universale e richiede discernimento.
Conclusioni
Il coaching rappresenta un percorso strutturato ed efficace per raggiungere obiettivi concreti, sviluppare competenze e valorizzare risorse personali.
Allo stesso tempo, è importante riconoscere i limiti di questo approccio. Non tutti i bisogni umani possono essere soddisfatti dal miglioramento della performance. Quando la sofferenza psicologica è profonda, quando l’ansia supera la spinta al miglioramento o quando l’empowerment rischia di diventare un’illusione di controllo, allora il terreno non è più quello del coaching ma della psicoterapia.
In definitiva, il coaching è uno strumento prezioso, ma va usato con consapevolezza, distinguendo sempre tra crescita personale orientata al successo e il lavoro clinico sul benessere psichico.
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