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Il rapporto tra il Disturbo del Deficit dell’Attenzione (ADHD) e le relazioni

ADHD negli adulti e relazioni affettive
Pubblicato il: 28 Marzo 2025
Il rapporto tra il Disturbo del Deficit dell’Attenzione (ADHD) e le relazioni

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Pubblicato il: 28 Marzo 2025

Scritto da:

Redazione Clinica Psiche

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L’ADHD si manifesta sin dalla prima infanzia, ma può essere difficile ottenere una diagnosi accurata prima dell’ingresso nella scuola, quando le richieste di attenzione e autocontrollo diventano più evidenti. I bambini che convivono con l’ADHD spesso faticano a seguire le lezioni, si distraggono facilmente, fanno fatica a rimanere seduti per lunghi periodi e tendono a intervenire senza aspettare il proprio turno. Questi comportamenti, se non compresi e sostenuti, possono essere interpretati come disinteresse, maleducazione o mancanza di disciplina, generando incomprensioni e tensioni sia con gli insegnanti che con i compagni di classe. Per questi motivi, non è raro che questi alunni sperimentino sentimenti di frustrazione, fallimento e isolamento sociale.
L’ADHD non coinvolge solo chi ne è direttamente interessato, ma ha un impatto anche sull’ambiente familiare e sociale. Le difficoltà di attenzione, impulsività e iperattività possono infatti influenzare profondamente la qualità delle relazioni con genitori, fratelli, amici e partner.

Affrontare l’ADHD in famiglia

La famiglia rappresenta un pilastro fondamentale nel percorso di crescita di un bambino con ADHD, offrendo sostegno emotivo, favorendo lo sviluppo delle sue risorse e contribuendo al contenimento delle sue difficoltà quotidiane. I genitori si trovano a gestire una realtà complessa, fatta di sfide quotidiane, frustrazione, sensi di colpa e stanchezza emotiva; eppure, il loro ruolo è fondamentale nel fornire sostegno, stabilità e comprensione al bambino. Una comunicazione aperta con gli insegnanti, una routine stabile a casa e un atteggiamento empatico possono contribuire a creare una rete di protezione attorno al bambino, aiutandolo a sentirsi compreso e sostenuto. In ambito familiare, i genitori si trovano spesso a gestire comportamenti imprevedibili, difficoltà scolastiche, sbalzi di umore e una costante necessità di supervisione. Questi fattori possono aumentare lo stress genitoriale e mettere alla prova l’equilibrio familiare. La presenza di fratelli e le sorelle può contribuire alla complessità emotiva del clima familiare. Spesso l’attenzione è maggiormente rivolta al bambino con ADHD, e questo può far sentire gli altri figli trascurati o meno ascoltati. In alcuni casi, i fratelli tendono a compensare inconsapevolmente l’instabilità familiare adottando comportamenti più controllati o assumendo ruoli di maggiore responsabilità.
Si rivela dunque fondamentale una presa in carico volta alla promozione di una comunicazione familiare attenta, efficace, ed empatica, affiancata da un approccio educativo coerente e, se necessario, a un supporto psicologico o pedagogico specializzato. Le famiglie che riescono ad affrontare con consapevolezza e collaborazione le sfide dell’ADHD sviluppano spesso una maggiore resilienza e coesione interna.

Nelle relazioni sociali

Oltre alla dimensione familiare, anche quella sociale risente delle implicazioni dell’ADHD, con effetti che possono estendersi dall’infanzia fino all’età adulta. Le difficoltà nella regolazione dell’attenzione e dell’impulsività possono compromettere le relazioni con i pari, generando difficoltà significative. I bambini e ragazzi, ad esempio, possono:

  • interrompere frequentemente le conversazioni;
  • faticare a rispettare i turni nei giochi o nelle attività di gruppo;
  • reagire in modo impulsivo a situazioni di frustrazione;
  • apparire disattenti o poco interessati agli altri.

Le persone con ADHD possono avere difficoltà a mantenere relazioni stabili. L’impulsività può portare a interruzioni nei dialoghi, comportamenti percepiti come inopportuni o difficoltà nel rispettare le regole sociali non dette. Questo può portare a situazioni di isolamento, conflitti o esclusione dal gruppo, influenzando negativamente l’autostima e il senso di appartenenza. Con il tempo, tali difficoltà possono protrarsi anche in adolescenza e nell’età adulta, compromettendo le relazioni affettive, lavorative e amicali, se non adeguatamente riconosciute e sostenute. L’educazione emotiva, l’accompagnamento psicologico e la mediazione familiare o scolastica possono fare una grande differenza sulla loro regolazione e qualità di vita.
Anche in età adulta, l’ADHD può continuare a influenzare la vita relazionale. Le persone adulte con ADHD riferiscono, in molti casi, difficoltà nella gestione della comunicazione, nell’organizzazione di attività o nella regolazione dei conflitti. Questo può avere un impatto negativo nelle relazioni affettive, nella vita di coppia e sul lavoro.
Tuttavia, è importante sottolineare che con un’adeguata consapevolezza del disturbo e strategie mirate di intervento, è assolutamente possibile costruire e mantenere relazioni positive, appaganti e durature.

La percezione dell’ADHD

Uno degli aspetti più frequentemente fraintesi dell’ADHD è la convinzione che i comportamenti associati al disturbo siano il risultato di scarsa motivazione o di un deficit educativo. In realtà, l’ADHD è un disturbo neuropsicologico che influisce sulle capacità di attenzione sostenuta, sull’autoregolazione e sull’organizzazione. Le persone che ne sono affette, pur mostrando alti livelli di competenze cognitive, curiosità e creatività, possono incontrare notevoli difficoltà nel mantenere la concentrazione su compiti prolungati, nel seguire istruzioni articolate o nel completare attività ripetitive e strutturate. Queste difficoltà emergono con particolare evidenza nei contesti scolastici o lavorativi, dove viene richiesto un costante adattamento a ritmi e regole prestabilite.
Negli ultimi anni, si è diffusa la tendenza a considerare l’ADHD come una condizione comune, spesso autodiagnosticata sulla base di semplici difficoltà di concentrazione. È essenziale sottolineare che l’ADHD è una condizione clinicamente definita, che richiede una diagnosi accurata da parte di professionisti esperti. Non si tratta solo di distrazione o agitazione momentanea, ma di un disturbo complesso che, se non riconosciuto e trattato adeguatamente, può compromettere significativamente il funzionamento scolastico, lavorativo e relazionale della persona. Le attuali linee guida e l’aumentata sensibilizzazione sul tema aiutano a distinguere i tratti superficiali da una reale condizione clinica, evitando semplificazioni dannose e promuovendo percorsi di supporto adeguati e mirati al sostegno e supporto della persona.

Bibliografia

American Psychiatric Association. (2022). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed., text rev.; DSM-5-TR). Washington, DC: Author.
Barkley, R. A. (2015). Attention-deficit hyperactivity disorder: A handbook for diagnosis and treatment (4th ed.). New York: Guilford Press.
DuPaul, G. J., Stoner, G., & Ota, K. (2020). ADHD in the schools: Assessment and intervention strategies (4th ed.). Guilford Press.

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