Origini e Storia Terapia familiare – di Angela Nardella

Le origini della terapia familiare

La terapia familiare nasce nella cultura statunitense degli anni Cinquanta e si sviluppa in due aree: terapia sistemica della Scuola di Palo Alto (Bateson, Watzlawick e Jackson) e una più psicodinamica detta relazionale, orientata allo studio trigenerazionale della famiglia, con il contributo di Ackerman, Boszormenyi-Nagy, Framo, Bowen, Whitaker. In una posizione intermedia, si situa l’approccio strutturale di Salvador Minuchin.

I precursori della terapia familiare

Salvador Minuchin (1923)
Jay Haley (1923 – 2007)
Murray Bowen (1913- 1990)
Mara Selvini Palazzoli (1916 – 1999)
Virginia Satir (1916 – 1988)
Nathan W. Ackerman (1908 – 1971)
James Framo (1916 – 2001)
Carl Withaker (1912 – 1995)

La nascita della terapia familiare in Italia

Mara Selvini Palazzoli importa in Italia le teorie sistemiche di Palo Alto e, nel 1968, crea la Scuola di Milano. Quasi contemporaneamente il primo gruppo romano, fondato da Luigi Cancrini, si lega maggiormente alle idee strategiche-strutturali di Haley e Minuchin. Maurizio Andolfi (1942), che inizia a operare col primo gruppo di Cancrini, se ne distacca successivamente e va a vivere a NewYork. Quando torna in Italia fonda e dirige l’Istituto di Terapia Familiare.

La famiglia e la comunicazione

La terapia familiare fonda le sue strutture su due principali concetti: Comunicazione e Relazione.
I cinque assiomi della Comunicazione, definiti da Paul Watzlawick (1921 – 2007) della Scuola di Palo Alto, sono i seguenti:
1° assioma – Non si può non comunicare. Non esiste un qualcosa che sia un non-comportamento. Le parole, il silenzio o l’attività hanno valore di messaggio, influenzano gli altri e gli altri a loro volta rispondono a tale comunicazione.
2° assioma – Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione. All’interno di un messaggio esiste una notizia o un fatto, che comprende le informazioni date e un aspetto di relazione che riguarda invece le modalità con cui viene espressa la comunicazione (coerente, ambigua, conflittuale, chiara etc…).
3° assioma – La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti. Durante la comunicazione si produce una punteggiatura della sequenza di eventi; un modo diverso di punteggiare la sequenza produce un conflitto perché ogni parlante interpreta il proprio comportamento come conseguenza del comportamento dell’altro e mai come causa. Questo tipo di problema si può risolvere attraverso la metacomunicazione, in cui si parla della relazione e non dei contenuti degli scambi comunicati. La metacomunicazione forgia la metarelazione, ovvero un complesso strutturale e comportamentale che definisce l’individuo nella sua catena di rapporti (individuo sociale).
4° assioma – La comunicazione umana è composta da codici analogici e digitali, corrispondendo i primi prevalentemente ad aspetti relazionali e i secondi ad aspetti di contenuto. La comunicazione analogica rappresenta ogni comunicazione non verbale (anche le posizioni del corpo, le espressioni del viso, i gesti) ed è necessaria per veicolare e definire la relazione, mentre il linguaggio numerico costituito dalle parole, che servono a scambiare informazioni e trasmettere la conoscenza, è adatto a veicolare il contenuto. L’uomo ha la necessità di cambiare di continuo i due moduli. All’interno poi dei due moduli, si situano una serie di micro o macro segnali verbali e non verbali veicolati dal sistema psicofisiologico delle emozioni e dalla cristallizzazione o meno di funzionamenti di personalità dei soggetti coinvolti.
5° assioma – Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza. L’interazione simmetrica è caratterizzata dall’uguaglianza, in questo caso si rispecchia il comportamento dell’altro. Il processo opposto contraddistingue l’interazione complementare, basata sulla differenza in cui si hanno due diverse posizioni, up (superiore) – down (inferiore), in cui il comportamento di uno tende a completare quello dell’altro. Dall’uguaglianza o dalla complementarietà dipende il funzionamento relazionale degli individui in interazione tra loro (Paul Watzlawick in Pragmatica della Comunicazione Umana, di Helmick Janet Beavin, Don D. Jackson, Casa Editrice Astrolabio).
Dalla comunicazione si crea e si sviluppa la relazione e la sua qualità. Comunicazioni disfunzionali generano relazioni altrettanto disfunzionali. Per tale motivo è fondamentale lavorare sulle strategie comunicative con un approccio a breve o medio termine. La psicoterapia familiare è, infatti, un percorso strategico incentrato su situazioni anche emergenziali.
La comunicazione tra gli esseri umani si crea sin dalla prima infanzia, generando una relazione su quello che John Bowlby (1907 – 1990) definisce “Modello di attaccamento”. Secondo questa teoria, infatti, gli stili di attaccamento basilari sarebbero fondamentalmente quattro:
1) Attaccamento sicuro (relazione genitoriale funzionale e rispondente ai bisogni del bambino);
2) Attaccamento ansioso – ambivalente (relazione genitoriale su base ansiosa e ambivalente);
3) Attaccamento evitante (bambino rifiutante)
4) Attaccamento disorganizzato (relazione caotica e priva di risposte congrue e adeguate al principio di realtà)
Questi quattro tipi di attaccamento, definiti nella cosiddetta Strange Situation (1969) di Mary Ainsworth (1913 – 1999), rappresentano i pilastri della prima comunicazione tra il bambino e la sua figura di accudimento, generando un imprinting che solo il tempo e le successive rappresentazioni della realtà riusciranno a sviluppare e a modellare nel futuro comportamentale dell’individuo. Infatti i cosiddetti Modelli Operativi Interni non fanno altro che generare e definire la futura genitorialità del soggetto. Essi sono come un forziere nascosto che viene riaperto solo quando si rinnova il ciclo della vita e il figlio diventa poi genitore, manifestando i primitivi modelli di attaccamento fatti di regole e convenzioni familiari.

Le fasi del Ciclo di Vita
Ogni famiglia attraversa le sue fasi cicliche e il successo o meno del superamento del passaggio da una fase all’altra o di eventuali momenti critici, dipende molto dalle risorse del sistema familiare.
Evelyn Duvall divide le fasi del Ciclo di Vita in otto stadi:
1. formazione della coppia
2. famiglia con figli
3. famiglia con figli in età prescolare
4. famiglia con figli in età scolare
5. famiglia con figli adolescenti
6. famiglia trampolino di lancio
7. famiglia in fase di pensionamento
8. famiglia anziana

Il processo da una fase all’altra implica sempre un evento di crescita, che farà emergere le risorse di una famiglia. La terapia familiare, in questo caso, servirà ad aiutare il superamento di alcune fasi che potrebbero generare blocchi comunicativi e relazionali. Lo scopo del terapeuta è, in questo caso, comprendere l’emersione di dettami comunicativi disfunzionali che allontanano i membri di un sistema dal loro centro, creando fraintendimenti, conflitti o separazioni fino ad arrivare, nei casi più estremi, in vere e proprie malattie fisiche o mentali. È questo, ad esempio, il caso del Membro Sintomatico che assorbe su di sé “il peccato della famiglia”, colui che in qualche modo diventa il Vaso di Pandora in cui tutti i mali vengono nascosti e generati. Se la famiglia o i genitori non comprendono questa funzione “esorcizzante” del Membro Sintomatico, si possono creare cronicizzazioni disfunzionali, atte a condannare un membro per la salvazione di tutti. Ma il ruolo di questo membro è ben più lungimirante: creare una resistenza al cambiamento del sistema in modo che per ogni introduzione di nuovi elementi, la famiglia può resistere e focalizzare la propria attenzione su di lui.

Approfondimento delle fasi del Ciclo di Vita familiare
Il ciclo di vita familiare è stato suddiviso in otto fasi, secondo la teoria di Evelyn Duvall e Ruben Hill (incaricati nel 1948 dalla Conferenza Statunitense di Vita Familiare di approfondire gli studi sulle dinamiche dell’interazione familiare):
1. Formazione della coppia
2. Famiglia con figli
3. Famiglia con figli in età prescolare
4. Famiglia con figli in età scolare
5. Famiglia con figli adolescenti
6. Famiglia trampolino di lancio
7. Famiglia in fase di pensionamento
8. Famiglia anziana

Ogni fase rappresenta una transizione e una correlazione di verticalità transgenerazionale, con l’influenza dei cosiddetti modelli familiari, e un nesso di orizzontalità tra soggetti della propria generazione. Hill sottolinea l’importanza dell’interdipendenza tra le varie generazioni. È soprattutto negli anni ’60 che la terapia familiare si concentrò sull’interdipendenza tra il singolo e la sua famiglia, introducendo il concetto di “trigenerazionalità”, ovvero la linea genealogica di almeno tre generazioni. Per capire bene questo concetto, si deve considerare la famiglia come un sistema aperto, che funziona in base alle specifiche caratteristiche di “totalità, retroazione ed equifinalità dei sistemi” e che è in relazione con il suo contesto socioculturale. (Malagoli Togliatti, Lubrano Lavadera, 2002).
In tal caso è consigliabile, per qualsiasi terapeuta familiare e non, considerare le profonde radici antropologiche di una famiglia, in funzione anche del proprio spazio geografico di appartenenza. Non a caso è diventato importante, nel contesto di analisi clinica psicologica e peritale, la possibilità di interpretare il funzionamento di personalità di un soggetto coinvolto in un processo in relazione al clima educativo e alle sue radici storiche ed etnologiche. Nel 1990 il processo italiano, civile e penale, ha visto un crescente uso dell’argomento culturale dando vita al Diritto multiculturale come Diritto giurisprudenziale.

Secondo E. Carter e M. McGoldrick il ciclo della famiglia, invece, si suddivide in sei stadi e, al loro interno, almeno tre o quattro generazioni si adattano alle evoluzioni o cambiamenti in atto. Questi processi si svolgono su due assi: quello verticale, ovvero la trasmissione di modelli di relazione, e quello orizzontale che indica momenti di tensione e di crisi relativi alla presenza di eventi normativi più prevedibili o meno prevedibili perché inattesi.
Le fasi del ciclo vitale sono scandite da eventi critici intesi come crescita e cambiamento.
Le diverse fasi, con il loro superamento, distinguono infatti le famiglie funzionali da quelle patologiche.

Ma ritorniamo alla descrizione delle fasi del Ciclo di Vita di McGoldrick e Carter E.A.:

1) La costituzione della coppia ovvero la fase in cui si deve fondare saldamente un’identità di coppia attraverso la definizione dei confini del nuovo sistema coniugale e la ridefinizione delle relazioni con la famiglia estesa. Il momento centrale di questa fase è il matrimonio, che implica una riorganizzazione dei confini e l’accettazione del nuovo membro. Questa fase definisce la maturità e la crescita emotiva dei protagonisti e la capacità plastica delle rispettive famiglie: quelle di origine e la nuova coppia.

2) Stadio della famiglia con bambini: la nascita del primo figlio mostra, in maniera visibile, l’unione tra i coniugi e attribuisce loro un carattere di irreversibilità, in quanto il ruolo genitoriale diventa irrevocabile. Grazie alla nascita del figlio, i due coniugi sono meno centrati su sé stessi, aumentando la coesione familiare e il senso di identificazione con il nascituro e in particolare con i bisogni e i desideri che li legano alla propria infanzia e al proprio passato. Questa fase, però, rappresenta anche la capacità di guardare al bambino come un difficile compito da assolvere. Dopo la nascita di un figlio, se la coppia non è solida, rischia di incorrere in meccanismi disfunzionali che, col tempo, potrebbero portare alla separazione.

3) Stadio della famiglia con adolescenti: in questa fase la situazione critica è rappresentata dal periodo adolescenziale dei figli, che mette a dura prova le capacità organizzative del sistema familiare. C’è bisogno di un aumento della flessibilità relazionale per gestire le “entrate” e le “uscite” dei membri, in particolare per consentire il distacco progressivo e l’autonomia crescente dei figli insieme ad una ridefinizione delle relazioni e delle forme dell’attaccamento e della cura.

4) Stadio della famiglia trampolino di lancio: è una fase caratterizzata dallo svincolo e dall’allontanamento dei figli. Anche in questo stadio è presente un ulteriore aumento della flessibilità familiare per far fronte all’uscita dei figli e all’entrata di persone nuove come i generi, le nuore e i nipoti. I genitori anziani si staccano definitivamente dal ruolo attivo e da dirette responsabilità nei confronti della società. In questa fase il compito comune di ciascuna delle tre generazioni è quello di progredire verso una sempre maggiore differenziazione e una più profonda individuazione. Quando invece la coppia dimostra una certa incapacità a riorganizzare i rapporti all’interno della coppia e di accettare l’uscita dei figli si può arrivare alla “sindrome del nido vuoto”: questo accade quando per il genitore il confine tra il sé e il figlio giovane adulto è indistinto; l’oggetto perso viene sentito come il proprio io e la separazione dal figlio percepita come un’angosciosa minaccia alla propria sopravvivenza e perciò ostacolata.

5) Stadio della famiglia anziana: questa fase è contraddistinta da situazioni particolari come il pensionamento, la malattia o la morte dei coniugi. Viene richiesto un reinvestimento profondo dei genitori nella coppia e un riavvicinamento dei figli alla famiglia di origine per fornire cure e supporto emotivo. Negli ultimi decenni è andato sempre più emergendo il ruolo dei genitori anziani visti come nonni, a cui viene attribuito un ruolo educativo spesso anche rilevante nei confronti dei nipoti. L’esperienza della separazione e del divorzio, infine, modifica profondamente la costituzione e il prosieguo dei cicli vitali. La fase del divorzio apre un capitolo a parte, così come riportano McGoldrick M. e Carter E. A. (1980).
Oltre a queste cinque fasi, secondo gli autori, esiste una sesta fase identificabile col divorzio, suddivisa in periodi.

Fasi del divorzio

1) Fase della pianificazione e attuazione del divorzio:
A) Fase della presa di decisione di separarsi. Implica l’accettazione della separazione e delle proprie corresponsabilità nella determinazione di questa fase.
B) Fase della pianificazione dello scioglimento del sistema. Comporta l’individuazione e l’attuazione di soluzioni che riguardano la custodia dei figli, la loro frequentazione e gli aspetti economici.
C) Fase della separazione. Richiede soprattutto l’accettazione della perdita della famiglia unita e la riorganizzazione delle relazioni con tutti i membri della famiglia allargata.
D) Fase del divorzio. Necessita il superamento del dolore, della rabbia, del senso di colpa; l’abbandono delle fantasie verso la riunificazione e, contemporaneamente, il recupero graduale di speranze, sogni e aspettative legate all’istituzione del matrimonio.
2) Stadio del “post-divorzio”. È la fase che fa riferimento ai nuclei monogenitoriali. Per il genitore affidatario implica un atteggiamento flessibile e l’impegno a non impedire la frequentazione e la funzione genitoriale dell’ex-coniuge e dei suoi familiari, oltre a ricrearsi una propria rete sociale. Per il genitore che non abita con i figli, questo comporta la possibilità di trovare il modo di proseguire nel proprio compito educativo e di non creare un rapporto competitivo e contrapposto con l’ex-coniuge ed i suoi familiari.
3) Stadio della formazione della famiglia ricostituita:
A) Fase dell’inizio di una nuova relazione. Questo periodo di vita concerne un eventuale reinvestimento in una nuova relazione e comporta la capacità di mantenere i rapporti fiduciari con i membri della famiglia precedente e investire in quella nuova, con tutte le complessità che ciò comporta;
B) Fase di concettualizzazione e pianificazione del nuovo matrimonio e di una nuova famiglia. Questo stadio implica la capacità mentale e attuativa di creare una nuova famiglia “aperta” rispettando il tempo e lo spazio di tutti i suoi membri nella complessità del processo;
C) Fase del “ri-matrimonio” e della ricostituzione di un nuovo nucleo. Questo stadio prevede l’accettazione di un diverso modello di famiglia provvisto di confini aperti, dove ogni membro (compagno/a con figli ed ex coniugi) possa riorganizzarsi in un delicato equilibrio tra i membri costitutivi del nuovo sistema.

Resilienza

La resilienza è un concetto introdotto da Mara Selvini Palazzoli per definire la possibilità che un individuo ha di poter trarre forza da eventi tragici o traumatici della sua vita, affinché la sofferenza possa rendere l’individuo capace di superare gli ostacoli che successivamente interverranno lungo il suo percorso. Il resiliente è un soggetto capace di amare, ascoltare ed entrare in empatia, conservando la sua sensibilità per poter riorganizzare le fasi successive della sua vita.

I percorsi di guarigione attraverso il Genogramma e la Metafora (reiterazione di schemi familiari)

La terapia sistemico – relazionale può utilizzare, come strumenti di aiuto e ricostruzione della vita di ognuno, il Genogramma Trigenerazionale, ovvero una sorta di Albero Genealogico “emotivo” in cui riportare, come concetto terapeutico nel setting, i familiari in linea paterna e materna. Solitamente si usa per la coppia, per l’individuo o per la famiglia e ricreare, ricercando, eventuali modelli familiari trasmessi (mito familiare) e, dunque, reiterati. Attraverso la reiterazione di questi modelli si può arrivare a una vera e propria definizione di “cultura familiare intrinseca al sistema” trasmessa attraverso comportamenti comunicativi verbali e non. Agiti, atti inconsueti o ripetizioni di azioni, intesi come vere e proprie coazioni a ripetere, determinano il clima emotivo e cognitivo in cui un individuo nasce, cresce e apprende quello spazio di vita familiare.
Un altro percorso di guarigione potrebbe essere determinato dalla Metafora (dal greco Metaforà, tropo, trasportare, traslare un significato da un soggetto a un altro, una sorta di trasferimento), ovvero dalla capacità del terapeuta di racchiudere in un simbolo, un comportamento o un modello reiterato, per portare il paziente alla consapevolezza di questo mito familiare inconscio, una sorta di archetipo condiviso nel tempo e nell’universo terapeutico. Uno dei maggiori rappresentanti dell’uso della Metafora nel processo curativo familiare è Philippe Caillé (1933). Tra i concetti metaforici rientrano anche le Sculture familiari indicative di un simbolismo connesso alla costellazione familiare.

 

Percorsi possibili

Il terapeuta familiare lavora individualmente, con la coppia o con il sistema familiare. Il percorso può includere queste differenti fasi in step di sviluppo in cui si può operare singolarmente con l’individuo oppure con lui e i suoi sottosistemi. I sottosistemi sono costituiti dalle gerarchie sistemiche dei fratelli (fratria), dei genitori (genitorialità) e dei figli (filiale). A seconda delle esigenze, il terapeuta potrà organizzare incontri con la famiglia intera, con alcuni membri di essa o con i sottosistemi, a seconda dell’individuazione del membro patologico e dei meccanismi disfunzionali che generano il sintomo, classificabile lungo un continuum che va dall’area nevrotica a quella psicotica. All’interno di queste aree si possono ritrovare tutte le categorie diagnostiche riportate nel DSM V (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali).
Solitamente è un membro o la coppia a richiedere l’intervento, portando poi la famiglia nel setting (intesa come reale o fantasmatica), in funzione della sua domanda di aiuto. Per cui a volte può essere il bambino, altre l’adolescente o il genitore. Non importa da dove nasce la richiesta, poiché quando essa si palesa, rappresenta sempre una sorta di epifania del disagio familiare o addirittura trigenerazionale.

I soggetti della terapia familiare o di coppia

Individuo = inteso come soggetto richiedente l’intervento o su cui l’intervento potrebbe spostarsi
Coppia = intesa come coppia emotiva o genitoriale. Di solito la coppia emotiva (trattamento della sfera sentimentale, conflittuale e sessuale) non coinvolge la famiglia nella sua richiesta rispetto a quella genitoriale, che porta un figlio sintomatico o una situazione globalizzante.
Famiglia = intesa come sistema costituito dai suoi membri (genitori e figli).
Famiglia di Origine e Attuale= la Famiglia di Origine (FO) è quella che include il luogo mentale e fisico in cui si nasce e si cresce; la Famiglia Attuale (FA) è quella che si crea dall’unione di due membri che iniziano dal corteggiamento per giungere al matrimonio o convivenza (Fasi del Ciclo di Vita).
Fratria = fratelli e sorelle di una Famiglia di Origine o Attuale

Angela Nardella Psicologa Psicoterapeuta sistemico – relazionale
Psicologo Psicoterapeuta FSP
Membro ATP
Membro STIRPS